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domenica 26 giugno 2011

Priest - Il film



Ciao a tutti,
oggi, dopo molto tempo, vi volevo recensire un film. La precisazione è dovuta, siccome è stato un periodo in cui ho frequentato poco le sale cinematografiche, per vari motivi, ma ho voluto riprendere con questa pellicola.

Il film è diretto da Scott Stewart (Legion) e tra i produttori è doveroso citare Sam Raimi (La casa, Spider-man).
Il cast ci offre attori di primissimo piano: il protagonista, il sacerdote Poul Bettany (A beatiful Mind, Il codice da Vinci, Ironman 2), il quale ha già lavorato con Stewart per Legion.
Abbiamo poi i due compagni d'avventura di Bettany, Cam Gigandet (C.S.I., Twilight) e Maggie Q (Mission: impossible III, Die Hard-vivere o morire).
Straordinari Karl Urban (Il signore degli anelli, Star Trek), Stephen Moyer (True Blood), Christofer Plummer (cito solo Parnassus perché sarebbe una lista infinita) e per finire Alan Dale (Lost, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo).



Veniamo alla trama: in un futuro imprecisato il mondo è governato dalla chiesa: le città (ricordano tantissimo le atmosfere e le ambientazioni di Blade Runner) trasmettono questo potere con minacciosi messaggi, ricordando alla popolazione che "andare contro la chiesa è andare contro Dio".
Molto più lontano dalla città, in una casetta isolata, una famiglia è sterminata e una giovane ragazza viene rapita dal principale pericolo per la chiesa e per l'uomo: i vampiri.
La ragazza è proprio la nipote del sacerdote, che andando contro il volere della chiesa, parte alla sua ricerca, insieme al fidanzato della ragazza e a una sacerdotessa compagna di vecchie battaglie.
In un ambientazione post-apocalittica il gruppo, tra scontri ricchi d'azione e corse in moto nello stile Fast and Fourios, scoprirà una verità che rischia di mettere in serio pericolo non solo la chiesa, ma tutta l'umanità.




E' indispenabile sottolineare, per chi non lo sapesse, che questo film è tratto dall'omonimo manhwa (un fumetto coreano) edito in Italia da J-pop e fermo da tempo al volume 16. Quando dico "è tratto", voi tutti penserete che il film rispecchia quasi o del tutto l'opera originaria, ma così non è per Priest: le ambientazioni e la trama non centrano nulla con quanto raccontato nel fumetto e francamente la qualità ne risente fortemente.
Non voglio raccontarvi la trama dell'opera cartacea, vi basti sapere che non ci sono vampiri e che tutta la storia si basa su avvenimenti che spingono il protagonista in un vortice di odio e vendetta. La caratteristica peculiare del personaggio del fumetto è che usa una pistola, mentre nel film ,da sua stessa ammissione, dice che i sacerdoti non le utilizzano. mah.

Altra cosa incomprensibile è costringere (si è una costrizione, perché sarebbe una scelta avere due alternative, vederlo o non vederlo) gli spettatori a guardare un film in 3D; se poi l'unica cosa che riesci a vedere 3D è il tuo bicchierone di coca-cola che stringi in mano, capisci che hai speso 10€ per nulla. L'effetto 3D è stato aggiunto in post produzione, dunque la qualità (già scarsa del 3D) diventa davvero qualcosa di patetico, dando soltanto un po' di profondità ai fondali, ma nulla di più.
Non voglio andare fuori tema, ma ascoltavo in radio il trailer di Transformers 3 e dicevano "un 3D mai visto prima" o qualcosa di simile: non dico che ne sono certo, ma sicuramente sarà il solito 3D, quindi non è ingannevole affermare certe cose? Forse tra 5-10 anni sarà veramente tale, magari senza occhialini, ma ad oggi è solo una fregatura e chi fa i film lo sa benissimo.



Tornando a Priest volevo sottolineare i molti pregi del film: oltre al già citato cast, le scene d'azione sono davvero ben orchestrate e divertenti, mentre le ambientazioni sono davvero varie: tra il West, l'horror e il fantascientifico.
Secondo me se il film fosse stato più coerente con il fumetto avrebbe guadagnato molto più gradimento, anche perché questa storia dei vampiri proprio non mi va' giù: oltre a non sembrare tali, non si capisce perché non si sia potuta mantenere parte della trama originale, che permetteva inoltre di aumentare ancora di più la spettacolarità, pur diminuendo gli scontri fisici.
Ricordo che leggendo il fumetto mi esaltavo a vedere quei centinaia di colpi di pistola.
Quello era il vero Priest.

In conclusione se volete divertirvi per una serata a casa noleggiate Priest, ma se vi venisse in mente di andarlo a vedere al cinema, sappiate che certamente troverete modi migliori di spendere i vostri 10 euro.




a presto

lunedì 13 giugno 2011

Hotel by Boichi



Ciao a tutti,
oggi vi volevo recensire Hotel di Boichi, un volume unico che Planet Manga ci propone al prezzo di 7,90 €, 13X18, 184 pagine a colori e b/n, sovracoperta ruvida con immagini in rilievo.
L'autore è noto soprattutto per Sun Ken Rock, edito da J-pop, quindi la panini per non sfigurare troppo (a essere maligni) ci propone un'edizione molto buona, in particolare per quanto riguarda la qualità della carta.
La casa editrice modenese propone il volume in un pack assieme a Raqiya, al prezzo di 12,30 €.
In Giappone è stato pubblicato nel 2008 da Kodansha, sulla rivista Morning.

Da "Diadem"

Veniamo alla trama: l'opera si articola in 5 storie diverse, intervallate da quattro storielle autoconclusive, molto divertenti, che alleggeriscono il volume donandogli un'aria più disinvolta.
Per quanto io ami Sun Ken Rock, questo volume non sono proprio riuscito a farmelo piacere: le 5 storie sono in ordine di bellezza (mio personale ovviamente) e adesso vi proporrò una piccola classifica, dunque...


NUMBER 5

Diadem: E' una storia fantasy e credo sia molto difficile costruire qualcosa di concreto, in pochissime pagine, per questo genere. E' come vivere una saga a velocità super, giusto il tempo di spigarti chi è la protagonista, contro chi combatte (del perché non c'era tempo), come va' a finire e si conclude. Forse potrebbe essere una buona serie, ma proposta in questi termini non dice nulla e non offre nulla al lettore.


 NUMBER 4

Stephanos: Se Diadem aveva una logica, qui non so proprio dove cercarla: una ragazza crede di essere incinta, invece scopre di avere un tumore maligno che alla fine si risolverà in un parto di un qualcosa di indecifrato. Non si capisce nulla? E se vi dicessi che Boichi ha reinterpretato uno stralcio dell'apocalisse di Giovanni in termini moderni e molto trash?
Non mi voglio dilungare, ma i quattro cavalieri descritti alla fine sono quelli dell'apocalisse, l'agnello sarebbe Gesù (o Gebù? no no, dovrebbe essere Gesù. [chi capisce il riferimento è un grande]), il drago è Satana e  il libro dei sette sigilli è quel libro inaccessibile che contiene sostanzialmente il senso della vita.
Come avrete capito un tema facile da trattare.

Da "Staphanos"



NUMBER 3

Tutto questo è stato fatto per il tonno: La medaglia di bronzo la diamo a questa storia che può apparire banale ma così non è, anzi. In un futuro imprecisato sulla terra sono spariti tutti i tonni e un giovane scienziato fa di tutto per poterli riportare sulla terra, cercando di clonarli, ricrearli, insomma qualunque cosa. I tentativi falliscono, ma casualmente uno dei suoi esperimenti mal riusciti si dimostrerà straordinariamente utile per l'intero pianeta. La fine non ve la racconto, sta a voi scoprire se i tonni faranno o meno ritorno sulla terra, ma quello che vi voglio dire è ciò che mi ha lasciato questa storia: quanto impegno si debba mettere in qualunque cosa, anche se poi si scorda il motivo per cui la si fa. Può darsi che  magari non si arrivi a nulla, ma come si dice è il cammino quello che conta.

Da "Tutto questo è stato fatto per il tonno"


NUMBER 2

Present: Storia d'amore velata di una fortissima malinconia. La trama è davvero ben articolata, il finale è tutto tranne che scontato e i personaggi si lasciano facilmente intepretare nel loro stato d'animo.
Una liceale ama un suo professore, ma la ragazza a causa di una rara malattia finisce in coma.
Il titolo a mio parere racchiude due interpretazioni: presente, nel senso di stare sempre vicini alla persona amata oppure nel senso che la cognizione del tempo può essere relativa, ma quello che si può provare non ha tempo, come si dice "ti amo come se fosse il primo giorno", come se il tempo non fosse passato.
Grandi emozioni ma non banali e tediose.

Da "present"


NUMBER 1

Hotel: Questa storia non si concentra su un unico tema, ma svaria e fa riflettere su come l'uomo ha influenzato il pianeta, nel senso che l'uomo non vive la terra, ma la sfrutta.
Nel 2079 l'umanità è prossima all'estinzione, a causa dei cambiamenti climatici, causati a loro volta dall'inquinamento. Viene così deciso di lasciare due segni della vita sulla Terra: una navicella, che contiene il DNA umano e i ricordi della nostra civiltà, diretta a un pianeta simile al nostro ma lontano anni luce e una torre di oltre 4000 metri costruita al Polo Sud, che conterrà tutti i DNA dei viventi, tranne quello umano.
La navicella parte e la torre, col passare degli anni, rimane l'unico segno tangibile dell'Umanità.
Viene soprannominata "Hotel" e gestita da sette computer identici e molto umani. I secoli passano e la speranza di riportare la vita sulla Terra risiede solo nella dedizione di un proprio figlio.

Da "Hotel"


Questo è quanto riguarda le storie; come detto il volume non mi è piaciuto, Boichi ha nel suo repertorio molti volumi unici (anche Space Chef Caisar edito da j-pop non mi ha convinto) e Sun Ken Rock che invece è una serie, ed è proprio in quest'ultima opera che da il meglio di se, non solo perché può articolare meglio la trama, ma anche perché può dedicare più tempo a certe tavole: in Hotel sono bellissime, ma molte meno che nell'opera edita da j-pop, dove dedica ad esempio molta cura alle donne e alle scene d'azione (non intendo solo di lotta).
Se potessi dare un consiglio all'autore, sarebbe quello di concentrarsi su una serie oppure fare un volume unico con una singola storia.
Dimostra di avere un grande talento, sia di saper far commuovere sia di far divertire (bellissime le quattro storielle tra i capitoli), infatti lo ritengo un grande autore, solo sarebbe proficuo centralizzare l'attenzione verso una sola direzione.
Dunque non mi sento di consigliare il volume a tutti, ma solo ai fan di Boichi (visto anche il prezzo).


Vorrei terminare parlando della dedica di Boichi "Dedico quest'opera ad Arthur Charles Clarke", meglio noto per il celebre romanzo 2001:Odissea nello spazio; conludo con una sua citazione:

"Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia." 
(da Profiles of the Future, Harper & Row, 1958)

a presto

venerdì 10 giugno 2011

Ghost Face - Round I



Ciao a tutti,
ho recuperato questo albo memore dell'ottima impressione che mi aveva fatto Priest, edito in Italia da j-pop e interrotto al numero 16 (vi ricordo che il 15/6/2011 esce il film, ovviamente tratto dall'omonima opera).

Ghost Face è un manhwa, ossia un fumetto coreano, di Hyung Min-Woo, il quale ha lavorato in collaborazione con  Suh-Seong-Won.
In Italia è edito da FlashBook in un formato molto particolare, 21X29 cm, circa 70 pagine al prezzo di 9,90 €.
L'edizione è ben curata e contiene a fine volume un piccolo brano scritto dall'autore, oltre che ai disegni originali; avrei gradito, visto il formato, una copertina rigida o comunque cartonata (l'edizione americana della Tokyopop ce l'ha ad es.) siccome così risulta un po' molle come volume.


 Veniamo alla trama: Da una parte una megalopoli futuristica con grattacieli interminabili; dall'atra un'isola, sede di un'ex città, diventata sessant'anni prima una prigione/stato. Il nome di quest'ultima è Sodo; le informazioni su di lei sono frammentate, dopo la terza guerra mondiale e dopo l'esodo, senza un preciso motivo, di qualunque criminale, ai quali veniva data la grazie per ogni reato, al patto che nessuno facesse mai ritorno sulla terra ferma: se ciò fosse accaduto, si sarebbe rotto la tregua e il disertore sarebbe stato etichettato come Ghost Face. (chiedo scusa per qust'ultimo periodo, l'ho riletto talmente tante volte che non hanno più senso le parole). Sull'isola ben presto si creò un vero e proprio regime feudale, dove la violenza faceva da padrone, che proclamò la sua indipendenza e da all'ora il patto di non belligeranza tra le due città le isolò sempre più, trasformando Sodo in un'isola invisibile: nessuno scappava, ma nessuno della terraferma poteva metterci piede o anche solo osservare dai satelliti.
Passano gli anni e intorno all'isola si iniziarono a creare leggende di ogni tipo: tecniche segrete di arti marziali, uomini immortali e in grado di volare.



Ma nulla può essere provato, perché Sodo è un fantasma nel mare.
Gli abitanti della terraferma si sentivano sicuri, protetti dall'accordo tra le due città, ma un giorno un individuo si infiltra all'interno della società farmaceutica Kuriger Haim, rubando un farmaco segreto, il Terex 50, creato nell'ambito del progetto "Sirus Project", che fu cancellato quindici anni prima quando l'opinione pubblica accettò di malgrado la natura militare di quel programma e di quelle ricerche.
Il rischio che la notizia trapeli è troppo alto e i boss dell'azienda decidono di mandare Naomi Yang, un'affasciante membro della società, insieme a una task force di militari, sull'isola per recuperare il farmaco: come potete immaginare la parola d'ordine di questa missione è "Top Secret".
Vestiti come in un videogioco, il gruppo riesce a penetrare all'interno e a ritrovare il ladro, che però stermina il gruppo e Naomi viene salvata dall'intervento di Tessan, probabilmente uno dei boss dell'isola, e dei suoi uomini che feriscono il Ghost Face. Le ferite però si rimarginano in pochissimo tempo: poco prima la signorina Yang aveva trovato la fiala di Terax 50 vuota.

Nell'immagine di mezzo è la visiera del casco che riflette.

Come avrete capito la faccenda è davvero coinvolgente. Credevo, quando ho acquistato il volume, di trovarmi davanti, come è già capitato, a quei fumetti che dedicano tutto alla grafica e la storia non c'è o non si capisce. In Ghost Face invece la trama è chiara e fortemente d'impatto, ricca di mistero e immersa in un mondo surreale in bilico tra realtà e finzione.
Le tavole sono un piacere per gli occhi: l'utilizzo del computer aggiunge spettacolarità e particolari grafici impossibili da ottenere con il semplice disegno.
I corpi sono disegnati con il classico stile dell'autore: longilinei, con i tratti quasi geometrici e fortmente segnati dai colpi e dalle cicatrici.
Le scene d'azione, crude e ricche di sangue, seppur pregne di particolari e concitate, sono chiarissime, ci vengono presentate come una fotografia nell'attimo clou dell'azione: trasmettono la forza e la velocità dei combattimenti in un solo frame.



L'edizione flashbook è ottima, a parte la faccenda della copertina, come citato poco sopra. Il rapporto qualità/prezzo a mio parere non è così terribile, anche perché potenzialmente rischia di essere una storia davvero avvincente e da leggere almeno una volta nella vita. Credo che quando un'opera è davvero bella e davvero ti piace, bisogna saper fare uno strappo e acquistarla anche se magari non troppo conveniente.
Sono solo 5 numeri, dai Hyung che ce la fai a finirla, non come Priest.


a presto

mercoledì 8 giugno 2011

Genkaku Picasso



Ciao a tutti,
oggi vi parlo di un manga di cui ero fortemente pessimista, soprattutto per i disegni che non mi convincevano; leggendolo invece mi sono dovuto ricredere, come raramente è successo.
Genkaku Picasso (幻覚=Genkaku=allucinazione), di Usamaru Furuya (autore di 51 modi per salvarla edito da Ronin Manga), è una miniserie di tre volumi, edita in Giappone dalla casa editrice Shueisha a partire da aprile 2008 sulla rivista Jump Square (la stessa che pubblica D.Gray-man ed Embalming per citare due opere presenti anche in Italia).
Star Comics ce lo propone al prezzo di 5,90 €, bimestrarlmente, formato 13x18 e 256 pp con sovracoperta; il primo volume era privo di pagine a colori, ma presentava un piccolo poster all'interno, mentre il volume 2 dovrebbe contenere sia un poster che pagine a colori e b/n.
La carta utilizzata sinceramente non la amo, essendo molto ruvida a mio parere assorbe poco il colore e sfogliando le pagine hai la sensazione di avere l'inchiostro sulle dita o di lasciare dei segni segni sul bordo delle pagine.



Veniamo alla trama: il protagonista è Hikari Hamura, un liceale molto bravo nel disegno e anche per questo un po' preso di mira dai suoi compagni, che probabilmente non riescono a comprendere appieno il suo straordinario talento e il suo singolare carattere. E' soprannominato Picasso,non solo per il fatto che sta sempre sul suo banco a disegnare, ma anche perché un giorno sbaglia a scrivere un carattere del suo nome che diventa così Hikaso, nome graficamente quasi identico a Pikaso ossia Picasso.
L'unica che apprezza davvero il talento e il carattere stravagante di Picasso è Chiaki, una sua compagna di classe; sono due ragazzi normali che passano il pomeriggio a disegnare, lui, e leggere libri di psicologia, lei, sulla riva del fiume sede dell'omonimo club privato fondato da Picasso.
Un giorno però i due sono vittime di un incidente (non svelo nulla, dico solo che io avrei fatto qualcosa di più semplice) e chiaki muore, mentre Picasso riesce a sopravvivere grazie all'intervento dell'amica, che pregando, riesce a far graziare il giovane atrista per potergli dare la possibilità di esprimere il suo straordinario talento nel disegno. 
Dopo essersi ripreso dal terribile avvenimento, torna alla vita di sempre finché in un giorno di scuola, dal taschino della sua giacca spunta l'amica Chiaki, grande quanto una matita e persino dotata di ali, una specie di combo tra folletto/fata/angelo.



La cosa sconvolge Picasso che pensa di essere impazzito (e lo pensano anche i suoi compagni viste le sue reazioni sconvolte), ma presto l'amica gli spiega che in cambio dell'opportunità di essere tornato in vita deve compiere delle buone azioni, altrimenti il suo corpo si putrefarrebbe e morirebbe per davvero.
Picasso acquisisce dunque il dono di poter riconoscere quando una persona ha un problema o soffre, anche incosciamente, per qualcosa rappresentando con un disegno l'animo delle persone, la loro coscienza, che sembra quasi un sogno fatto da tanti elementi diversi uniti insieme.
I due amici per poter aiutare le persone entreranno nel disegno o per meglio dire si insinueranno nell'animo delle persone e come una coscienza esterna, una guida, cercheranno di capire come poterli aiutare; non sempre sarà facile non conoscendo tutte le esperienze e i sentimenti di ognuno di noi; infatti spesso celano altri risvolti a prima vista nascosti. Picasso e Chiaki si troveranno in seri problemi, ma anche grazie all'aiuto dei loro incosapevoli amici, riusciranno ad aiutare tante persone.

La storia è episodica, pur mantenendo un certo filo logico con i personaggi aiutati nell'episodio precedente che rimango legati ai protagonisti come comprimari, quindi in soli 3 volumi non penso che la ripetitività sarà eccessiva.
Il disegno di Furuya come detto non mi piace, o per meglio dire ho notato che in 51 modi per salvarla, che è antecedente a Genkaku Picasso,  mantiene lo stile molto dettagliato e ricco di sfumature nere, ma in quest'ultimo rende i personaggi molto uguali tra di loro graficamente, molto femminili. Quando i due amici sono nel disegno il tratto cambia, come se fossimo proprio all'interno di un ritratto: queste scene sono invece molto belle a mio parere, rendono la differenza con le tavole pulite della realtà e il disegno di Picasso fatto con la sua matita 2B, quindi con lo stile classico dei ritrattisti, quasi fosse uno schizzo di base.




Il manga mi ha quindi lasciato davvero sorpreso, anche perché non è facile cercare di esprimere dei concetti così profondi, come l'animo umano, in poche pagine di un fumetto, ma Furuya ci riesce immettendo elementi noti in Psicologia e Filosofia, come fa notare la bellissima postfazione dello psichiatra Yasumi Nakoshi.
Picasso non cambia l'animo delle persone, ma le aiuta in un solo momento della loro vita, che poi potrà quindi modificarsi nel tempo in qualunque modo e questo quello che capita a noi stessi.
Dietro alle stravaganze e alle scene tipicamente "da manga" si cela un'opera davvero ben curata e innovativa con un ritmo incalzante malgrado gli espisodi si somiglino per struttura narrativa. Mi ha strappato qualche risata e qualche momento di commozione, dimostrando che nei manga, così come nelle persone, c'è molto di più di quello che si vede ad una prima occhiata. Spesso quel qualcosa in più ti può sorprendere: un pregiudizio, in fondo in fondo, non è una gran cosa.

a presto
  

giovedì 2 giugno 2011

Billy Bat




Ciao a tutti,
oggi, come da titolo, parliamo dell'ultima fatica di Naoki Urasawa (Pluto, Monster, Happy!) e Takashi Nagasaki (collaboratore di Urasawa in numerose opere). In Giappone è apparso per la prima volta sul numero 46 di Weekly Morning, rivista seinen dell'ediotre Kodansha, nell'ottobre 2008. I tankobon usciti sino a oggi sono 6 (i capitoli sono 54); il primo volume bisogna ricordare che fu in testa alle classifiche di vendita nella settimana d'uscita.

In Italia è edito da GP Pubblishing, al prezzo di 7,50 €, con pagine a colori e b/n, formato 13X18, 200 pp, una carta interessante (può essere interessante la carta?) e un'edizione nel complesso non degna dei 7,50 € che GP ci fa pagare, ma secondo me bisogna capire lo sforzo fatto per avere questa serie.

Veniamo alla storia: ambientata nel 1949, quindi subito dopo la fine della seconda guerra mondiale; negli Stati Uniti, Kevin Yamagata è un fumettista di successo grazie alla sua serie "Billy Bat", che narra di un investigatore pipistrello. Grazie a un evento fortuito, Yamagata viene a sapere che il protagonista del suo manga è protagonista anche di un fumetto giapponese. Preoccupato di essere marchiato come un plagiatore e incuriosito per questa misteriosa coincidenza, decide così di andare nel Giappone ancora sotto l'occupazione anglo/americana, per scoprire se davvero si trattasse di un plagio.






Le sue preoccupazioni si fondano sul fatto che in passato lui aveva lavorato per l'esercito americano come interprete, grazie alle sue origini nipponiche, quindi teme che l'immagine di quel pipistrello si possa essere insinuata nella sua mente dopo averla vista da qualche parte. Ben presto, come in tutte le opere di Urasawa, la trama si dirama come le radici di una pianta e in questo, insieme a Nagasaki, è maestro a far cadere nel dubbio il lettore con delle semplici frasi,degli sguardi abilmente disegnati o con indizi sparsi qua e la.
Non ci tengo ad addentrarmi oltre nella storia, anche perché magari non avete ancora letto il primo volume.


E' difficile consigliare un manga di Urasawa, perché chi lo ama lo difende a spada tratta (lo ammetto, come me), mentre chi lo odia pensa che le sue trame siano delle cavolate, dove nemmeno lui ci capisce qualcosa. Questo mi fa tornare alla mente gli appasionati del telefilm LOST e di quelli che non sono mai riusciti a vedere una puntata. Sappiate che se vi piace LOST, ci sono ottime possibilità che vi piaccia Urasawa (in alcune opere come 20Th Century Boys ad esempio).
Sicuramente l'opera, giusto per trovare qualche pecca, potrebbe apparire non originale essendoci comunque a mio parere numerose attinenze con altri manga di Urasawa, ma quello che incuriosice sempre è cercare di capire il nesso logico che lega il tutto, "chi ha fatto cosa e perché?" è la classica domanda che ti poni leggendo i suoi manga.

L'opera esordisce con i veri capitoli del manga disegnato da Yamagata e le pagine bordate di gialle, un po' retro, un po' classicamente giapponesi, sono una trovata di grande effetto e molto piacevoli sono le poche pagine dell'opera di Yamagata (a me veniva voglia di poter leggere il seguito).
Numerosissime le citazioni del manga, tra cui su tutte spicca quella a Tezuka, già ampiamente celebrato con Pluto da parte di Urasawa.





I misteri sono tanti, ma la domanda che aleggia "bianco o nero?", il manga "Billy Bat" e il solito schema di Urasawa (flash back, salti temporali, personaggi inquietanti e misteriosi) sembrano essere un putpurrì delle sue più grandi opere e questo potrebbe essere il primo sintomo di un opera davvero indimenticabile.
Le premesse ci sono, se anche i più scettici leggeranno questo manga, allora Urasawa sarà davvero uno dei più grandi 21Th Century Mangakas.


a presto